“Un buon beat è un mix di tecnica e strategia che nella sua (apparente) monotonia caratterizza il mondo sonoro, sorregge la melodia ed esalta il messaggio contenuto nel testo nelle sue parti più importanti.”
Il beatmaking è il processo che porta alla creazione di una base musicale. È un termine che si usa nell’ambito della musica trap, rap, hip hop e tutti i generi musicali che ne sono derivati.
Partiamo da una distinzione fondamentale, quando si parla di beat e relativi arrangiamenti.
Si tratta probabilmente della differenza più immediata che si coglie tra la musica pop e quella hip hop, da cui la trap deriva.
Nella musica pop generalmente la struttura (ovvero la sequenza delle varie parti all’interno della canzone) prevede un avvicendarsi di strofe, ritornelli e “ponti” con sviluppi armonici (accordi) studiati in fase di composizione in relazione alla melodia.
Nell’hip hop, come nella trap, questa struttura è sostituita dal beat, produzione strumentale meno articolata nella composizione e nell’arrangiamento, perché ha il compito di fare spazio a rappati che sono molto meno melodici rispetto una canzone pop. Il flow (ossia lo scorrere della melodia) presenta regole diverse dalla struttura classica, sono poche infatti le differenze nel suo andamento dall’inizio alla fine ed il mondo sonoro risulta molto più lineare.
Il beatmaking
“Uno stesso beat può essere la base di infinite canzoni: la differenza sta in ciò che si vuole trasmettere.”
Per le sue caratteristiche, lo stesso beat può essere utilizzato (cosa che capita piuttosto frequentemente) per la produzione di diversi brani, con melodie e testi anche molto differenti tra loro.
Anche per quanto riguarda l’utilizzo e la vendita dei beat, accade l’esatto contrario di ciò che è previsto per la musica pop ed altri generi musicali nei quali le progressioni armoniche e gli arrangiamenti vengono prodotti “su misura” sulla melodia, rendendo il brano nella sua forma definitiva un’opera che prevede un deposito presso una società di collecting (come la SIAE ad esempio) per il cui utilizzo bisogna riconoscere il diritto d’autore e richiedere il permesso in caso si voglia produrne versioni differenti dall’originale.
Per la vendita dei beat invece esistono addirittura piattaforme e siti nei quali i beatmaker caricano i loro brani strumentali e li cedono in licenza d’uso, ognuno con le proprie regole e limitazioni, dando la possibilità ad infiniti artisti di dare vita ad infinite varianti della stessa “base”.
Una precisazione: ciò ovviamente non vale per le produzioni di artisti che escono già “complete” con il cantato, in questo caso il brano viene depositato e protetto dal diritto d’autore come per tutte le altre opere musicali.
Questa caratteristica, un unico beat da cui nascono più brani, appare, a chi è distante da questi generi musicali, una stranezza o l’espressione di poca creatività. La musica, come tutta l’arte, manifesta sempre i sentimenti, le idee, le correnti che caratterizzano un dato periodo storico. Se si osserva bene, prendere un beat uguale e darvi una propria interpretazione, personalizzarlo attraverso le parole, esprime molto ben il desiderio che questa ultima generazione sente di condividere, trasmettere la propria visione delle cose, il proprio sentire circa temi comuni. Una stessa realtà vista da diverse prospettive.
Riassumendo, quindi, l’artista, in genere è colui che canta e scrive il testo (l’elemento dominante della canzone) mentre il beatmaker è colui che si occupa della produzione del beat e, spesso, del brano nella sua versione definitiva.
Il mixaggio
“Mixare bene un beat è fondamentale. È un’operazione assai più complessa rispetto alla gestione di qualche plug in.”
Individuato il beat si passa a mixaggio e produzione. Un mixaggio standard (pop) tende a valorizzare la melodia e le voci, poi ha una successiva fase, il balance, che cerca di tirare fuori le varie parti della canzone per poterle fare suonare al meglio. Il mixaggio del beat ha regole quasi contrarie. La batteria o drum machine (Roland 808) diventa dominante ed è mixata molto alta, come pure la voce, mentre i pad, i suoni delle tastiere, i riff, il resto cioè della melodia, è, per così dire, più nascosto. Per questo motivo si tende a mixare la batteria con le tracce separate, mentre tutto il resto può essere anche un unico LR pre-mixato a volumi molto più bassi.
Il mastering e la pubblicazione
“Mixare bene un beat è fondamentale. È un’operazione assai più complessa di quanto si possa immaginare.”
Terminata la fase di composizione ed arrangiamento, si passa alla fase di mix.
Un mixaggio pop tende generalmente a valorizzare la melodia principale, le armonizzazioni (cori), e prevede un grande lavoro allo scopo di far suonare al meglio anche tutti gli strumenti utilizzati attraverso il posizionamento dei panpot (che permette di spostare i suoni a sinistra, centro, destra) e l’utilizzo di particolari effettistiche quali equalizzazioni, Delay (unità di ritardo) o reverberi (simulazioni di ambienti) solo per fare un esempio.
Il mixaggio del beat ha regole, anche in questo caso, quasi contrarie. La ritmica, formata dalla batteria o drum machine ed il basso, è dominante ed è mixata ad un volume molto alto, stessa regola per la voce, mentre le restanti parti, come le armonie, le frasi, gli arpeggi e a volte persino i riff, rimangono, per così dire, più nascosti.
Il mastering e la pubblicazione
“Se decidiamo di vendere i nostri beat, dobbiamo essere sicuri che i nostri file siano musicalmente e tecnicamente corretti.”
Effettuato il mix si passa alla fase di Mastering.
Il mastering è una fase molto complessa che ha a che fare con processi di compressione, volumi, riduzione della profondità dei bit, sequenza e spaziatura, solo per citare i principali. È qualcosa di assai lontano dall’utilizzo di uno o più plug in per ottimizzare il risultato, è frutto di studi e competenze molto precise.
Alcuni plugin di ultima generazione possono darci una grande mano, gli algoritmi sono sempre più potenti al punto da fornirci veri e propri “assistenti virtuali” in queste fasi complesse che riducono le possibilità di errori, resta il fatto che comunque dobbiamo sapere almeno a grandi linee come funzionano gli effetti e quali utilizzare per ottenere i risultati sperati.
Un’alternativa può essere quella di decidere di occuparci delle nostre produzioni nelle fasi di composizione, editing e arrangiamento per poi affidare il Mix e/o il Mastering a figure professionali molto tecniche, i mastering engineer. Di loro e degli altri professionisti che vengono coinvolti per la realizzazione e produzione di un brano, ne parlo nell’articolo dedicato alla produzione in autonomia rispetto a quella in team.
E’ utile sapere inoltre che le piattaforme in cui possiamo vendere i nostri beat richiedono diversi formati audio:
- il formato WAV o AIFF = file stereo di alta qualità per l’ascolto migliore
- il formato MP3 = file stereo compresso, che occupa circa un decimo dello spazio di un WAV o AIFF (quindi molto utilizzato in rete) ma che perde in qualità sonora. Ascoltando la musica da sorgenti come ad esempio le piccole casse dei portatili o attraverso auricolari o cuffie economiche potremmo non accorgerci più di tanto della differenza con i formati non compressi, ma basterà utilizzare impianti o dispositivi più “precisi” per accorgerci che presenza e dinamica del suono sono di gran lunga migliori quando tutte le frequenze rimangono al loro posto 😉
- il trackout = è l’esportazione delle varie parti che suonano nel brano in tracce audio separate, così che chi le scarica, utilizzando la propria DAW (computer e software musicale), può adattarle e personalizzarle, per esempio attivando o disattivando le singole parti, modificando i volumi, i panpot, gli effetti o aggiungendo altri suoni.
Il beatmaker che vende i propri beat sulle piattaforme apposite può decidere quanta libertà di utilizzo lasciare a chi le acquista. Ve ne sono moltissime, veri e propri mercati di tracce e sound: un esempio per tutti è beatstars.com. La cessione in licenza significa che sono presenti alcune limitazioni. Il beatmaker infatti può decidere, in base al prezzo, le azioni possibili da parte degli utilizzatori.
Per esempio, lo stesso beat ad prezzo più basso può prevedere l’acquisto nel formato mp3 con un numero limitato di pubblicazioni, con un prezzo intermedio il formato WAV o AIFF e un utilizzo più generoso e in più applicazioni, ed con il prezzo più alto le tracce separate con utilizzo illimitato. In alcuni casi è prevista la vendita in esclusiva: ciò significa che – acquistando quel beat – sei l’unico a poterlo utilizzare. In questo caso dopo la vendita il beatmaker ritirerà il beat dalla piattaforma dietro lauto compenso in genere dopo trattativa riservata.
I beat sono la tua passione e vuoi diventare un professionista della musica?
Se il mondo dei beat è la tua passione e ti piacerebbe diventare un professionista in questo settore o essere l’autore e anche il produttore dei tuoi brani, contatta l’Accademia musicale Hit in the Box: faremo un colloquio per capire che aspirazioni hai e come dargli forma.
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